Mi piace questa cosa del dado… sei sempre una sorpresa. Piacevole.
E mi piacerebbe anche agiungere la settima faccia al tuo dado, quella scomoda, che fa riflettere, che fa male, ma che porta con sé la speranza che magari, anche se il dado è già stato tratto, ci sia comunque um’alternativa. http://youtu.be/2VVoCxdm7T8
Baci, Planet
si certo, ma noi i lati scomodi non li dimentichiamo mai. Qui cerchiamo di regalare leggerezza…per quanto possibile.
baci! fili
poi, il dado si ritira, in continuazione, “il gioco” continua…
Un retro film ,ad ogni lancio di dado…emozioni belle.
La settima faccia del dado di Giu,mi ha ricordato uno dei viaggi in Turchia,ad Harran
la carezza sul viso di una bimba davanti alla sua casa di fango pressato …ricordi ,di quando la speranza
era Grande ,non mi manca ,ma è come una candela che si spegne ad ogni evento di violenza…Naty
Stanotte una luna strepitosa illumina i giardini di Posillipo e subito mi vengono alla mente tre incipit di canti leopardiani.
“O graziosa luna, io mi rammento / che, or volge l’anno, sovra questo colle / io venia pien d’angoscia a rimirarti: / e tu pendevi allor su quella selva / siccome or fai, che tutta la rischiari…” (“Alla luna”).
“Che fai tu, luna in ciel? dimmi, che fai, / silenziosa luna? Sorgi la sera, e vai, / contemplando i deserti; indi ti posi. / Ancor non sei tu paga / di riandare i sempiterni calli? / Ancor non prendi a schivo, ancor sei vaga / di mirar queste valli? ”
(“Canto notturno di un pastore errante dell’Asia”).
“Vaghe stelle dell’Orsa, io non credea / tornare ancor per uso a contemplarvi / sul paterno giardino scintillanti, / e ragionar con voi dalle finestre / di questo albergo ove abitai fanciullo, / e delle gioie mie vidi la fine. / Quante immagini un tempo, e quante fole / creommi nel pensier l’aspetto vostro / e delle luci a voi compagne! allora / che, tacito, seduto in verde zolla, / delle sere io solea passar gran parte / mirando il cielo, ed ascoltando il canto / della rana rimota alla campagna! / E la lucciola errava appo le siepi (…) E che pensieri immensi, / che dolci sogni mi spirò la vista / di quel lontano mar, quei monti azzurri, / che di qua scopro, e che varcare un giorno / io mi pensava, arcani mondi, arcana / felicità…”.
(“Le ricordanze”).
Per la serie: come ricavare leggerezza persino da un vecchio libro di scuola che raccoglie i ‘Canti’ (Edizioni SEI, per la precisione).
E infine dico: non affidiamo nulla ai dadi ! Non serve trarre dadi. I dadi si traggono da soli.
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Francesca
Lucky blue, non male!
xx
http://www.cherry-mag.com/
Giu
Mi piace questa cosa del dado… sei sempre una sorpresa. Piacevole.
E mi piacerebbe anche agiungere la settima faccia al tuo dado, quella scomoda, che fa riflettere, che fa male, ma che porta con sé la speranza che magari, anche se il dado è già stato tratto, ci sia comunque um’alternativa.
http://youtu.be/2VVoCxdm7T8
Baci, Planet
Filippa
si certo, ma noi i lati scomodi non li dimentichiamo mai. Qui cerchiamo di regalare leggerezza…per quanto possibile.
baci! fili
poi, il dado si ritira, in continuazione, “il gioco” continua…
naty
Un retro film ,ad ogni lancio di dado…emozioni belle.
La settima faccia del dado di Giu,mi ha ricordato uno dei viaggi in Turchia,ad Harran
la carezza sul viso di una bimba davanti alla sua casa di fango pressato …ricordi ,di quando la speranza
era Grande ,non mi manca ,ma è come una candela che si spegne ad ogni evento di violenza…Naty
naty
Fili, chiedo venia …baci ,con leggerezza,naty
DB
Stanotte una luna strepitosa illumina i giardini di Posillipo e subito mi vengono alla mente tre incipit di canti leopardiani.
“O graziosa luna, io mi rammento / che, or volge l’anno, sovra questo colle / io venia pien d’angoscia a rimirarti: / e tu pendevi allor su quella selva / siccome or fai, che tutta la rischiari…” (“Alla luna”).
“Che fai tu, luna in ciel? dimmi, che fai, / silenziosa luna? Sorgi la sera, e vai, / contemplando i deserti; indi ti posi. / Ancor non sei tu paga / di riandare i sempiterni calli? / Ancor non prendi a schivo, ancor sei vaga / di mirar queste valli? ”
(“Canto notturno di un pastore errante dell’Asia”).
“Vaghe stelle dell’Orsa, io non credea / tornare ancor per uso a contemplarvi / sul paterno giardino scintillanti, / e ragionar con voi dalle finestre / di questo albergo ove abitai fanciullo, / e delle gioie mie vidi la fine. / Quante immagini un tempo, e quante fole / creommi nel pensier l’aspetto vostro / e delle luci a voi compagne! allora / che, tacito, seduto in verde zolla, / delle sere io solea passar gran parte / mirando il cielo, ed ascoltando il canto / della rana rimota alla campagna! / E la lucciola errava appo le siepi (…) E che pensieri immensi, / che dolci sogni mi spirò la vista / di quel lontano mar, quei monti azzurri, / che di qua scopro, e che varcare un giorno / io mi pensava, arcani mondi, arcana / felicità…”.
(“Le ricordanze”).
Per la serie: come ricavare leggerezza persino da un vecchio libro di scuola che raccoglie i ‘Canti’ (Edizioni SEI, per la precisione).
E infine dico: non affidiamo nulla ai dadi ! Non serve trarre dadi. I dadi si traggono da soli.
DB