Sei sempre tu, la tua essenza già si respira da quella tua prima foto.
Anche se nella tua carriera hai fatto anche scatti più intriganti, questa è la tua essenza. Ci piace.
Un abbraccio.
L’inizio di una parentesi della vita ,che ti ha fatto esternare le tue capacità,
è stata molto carina la tua nonna nello scegliere la prima foto ,significativa
e importante, naturalmente bellissima ,con il velo di timidezza.
C iao fili,buona serata ,per te tutte/i,naty
E’ bello, qualche volta, voltarsi indietro ed osservare la propria storia.
Spesso sono immagini sbiadite, che la memoria non riporta alla luce proprio come erano
(lo sapevate che la memoria a lungo termine può creare dei ricordi inesistenti?) e allora le vecchie foto vengono in aiuto, rinfrescando, per così dire, le tinte del tempo.
Nel tuo caso, cara Fili, anche per me, che non c’ero, è possibile osservare le emozioni di un tempo trasparire dal tuo volto, timidezza e speranza, qualche paura ma desiderio di mostrare spavalderia.
Chissà quanti anni avevi, di certo eri arrivata lì in bicicletta (beh, questa era facile da indovinare) e ne avevi parlato a tutte le amiche.
Mi spiace sapere che la foto non sia rimasta sino ad oggi sopra il divano, ma mi conforta vedere che l’hai conservata.
Ma… allora le svedesi hanno sentimenti? Non sono tutto ghiaccio e razionalità? Mmmm, dovrò rivedere le mie convinzioni… ;-P
En vandring på tusen mil börjar alltid med ett steg.
Con affetto, g.
Avevo 15 anni e sono arrivata con l’autobus. [la tessera dei mezzi pubblici viene fornita dalla scuola/stato a tutti gli studenti]
Non ne avevo parlato a nessuno, perché nessuno credeva che io potessi veramente lavorare nel mondo della moda [classica storia della ragazza alta e un po’ goffa, non tra “le popolari”].
Sopra il divano la foto non poteva restare perché il divano, il salottino, ma soprattutto l’amata nonnina non c’era più.
Eh, sì, anche le svedesi hanno un cuore. Razionale e di ghiaccio, ma c’è.
🙂
Vabbè, ho capito, non ne ho azzeccata una. Vorrà dire che da grande non potrò fare il chiromante (la sfera di cristallo l’ho già buttata, mi sa che era taroccata).
Magari farò… farò… ma sì, il fotografo! Sai, potrei avere la fortuna di incontrare una ragazza alta e un po’ goffa (di solito sono le migliori, ma non dirlo in giro, è un segreto!).
🙂
Filippa,
a me sembra che l’innocenza tu non l’abbia perduta.
Forse hai perduto un filo di timidezza (o magari, per poterla conciliare con un lavoro che ti espone al pubblico, l’hai solo nascosta in un cassetto).
Immagino l’orgoglio della nonna nel poter incorniciare il primo grande risultato della nipotina (è bello che con la foto riaffiori anche il suo ricordo).
La timidezza c’è sempre, ma ad un certo punto [tardi e mi ricordo perfettamente quando]si è trasformato in qualcosa di diverso, della voglia comunque di esternare e di non tenere tutto dentro.
Come un clown che intrattiene il pubblico ma che nel privato rimane riservato e serio.
La nonna è sempre con me, ogni tanto viene a trovarmi.
f.
Lo sguardo é lo stesso ..curioso, gentile e “pensante” …. Lì eri all’inizio di una avventura incredibile che strada facendo ha formato la tua vita attuale …sicuramente hai ancora tanto da “creare” da dire e da raccontare sempre con quello sguardo
Ot qui S. Ti assomiglia in maniera incredibile
Have e Good 1DDay !
Davvero le Directioners non si meritano questo meteo ….ma credo che loro vedano il sole in cielo dall’emozione…ieri ne ho incontrate tantissime in giro ….bagnate fradice ma emanavano una luce solare incredibile
E’ vero, il concerto!! Ostrica spero la pioggia vi dia tregua…
Ci vai solo tu con Stella o si è aggiunto anche Mr. D?
Oh buona serata, tienici aggiornate!! Un beso Stella!
I
Prima o poi il momento doveva arrivare ed è arrivato. Venerdì mattina, a Napoli, ho preso il solito autobus e una donna giovane, appena mi ha visto, mi ha ceduto il posto. “Venit’acca’, assettateve !”. Ho ringraziato e mi sono seduto. Molte volte avevo pensato a quando sarebbe arrivato il momento e mi immaginavo di provare un disagio, una malinconia. Però, alla prova dei fatti, non ho avvertito alcuna emozione. Invece, ho pensato a quante infinite volte sono stato io a cedere il posto e mi sono chiesto se ne sarò ancora capace, ora che sono socio del club degli anziani e dei malfermi sui mezzi pubblici.
Tra la fitta selva di ricordi legati a quel gesto, si è fatto largo un anziano professore di latino e greco di Viterbo. Moltissimi anni fa a Venezia, sul battello turistico che fa il giro di Burano,Murano e Torcello, gli cedetti il posto per un’intera mattinata.
Ero poco più che ventenne e da diversi mesi avevo una relazione con una studentessa dell’ultimo anno di architettura che stava preparando la tesi in storia dell’arte. Si chiamava P.M., era molto femminile, sicura e sexy. Poiché la tesi includeva elementi di arte bizantina immaginavamo viaggi a Venezia, a Ravenna e anche a Palermo per vedere i prodigiosi mosaici del Duomo di Monreale. In quel periodo non avevo un centesimo perché, studente pure io, insieme all’amico Italo, vivevo la mia bohème in un appartamentino sui tetti del centro storico di Napoli. Quella volta, però, i quattrini per una vacanza a Venezia dovevano spuntare fuori. Iniziai a risparmiare su tutto e credo che sarei morto di fame se non fosse stato per la generosità di Italo e per i pranzi domenicali di mia madre. In cinque o sei mesi di puro ascetismo riuscii a mettere insieme i soldi per l’aereo, la pensione e tutto il resto. Fissai date e prenotazioni: cinque giorni a Venezia, intorno alla metà di settembre.
Era fine agosto quando scoprii –non dirò come, ma fu effetto del caso- che P. frequentava da tempo un uomo molto più grande, sposato, architetto di grido in città. Prima di questa storia P. ne aveva avuta un’altra con un docente di Architettura, coniugato con prole pure lui, e i rapporti non si erano mai interrotti del tutto. Davanti a me si era aperto lo scenario del ménage à trois o addirittura à quatre. P. mi aveva aggiunto a questo scenario nella parte del ragazzo giovane, quello con il quale si va alle feste, a teatro, ai concerti e ci si fa vedere in giro. Sapevo che quella era una ragazza diversa dal solito, navigata e misteriosa, ma non m’aspettavo che fosse tanto opportunista. L’architetto di grido già le affidava qualche lavoretto e l’avrebbe presa a bottega appena laureata. Il docente l’aveva molto aiutata negli studi e l’aiutava ancora. Fu lei stessa, vedendosi costretta, a raccontarmi di queste sue liaison. Me le raccontò per sommi capi e a modo suo, naturalmente. Ci rimasi male ma non lo diedi a vedere: allora era assai di moda il dégagé. In realtà, per anni ho provato amarezza perché convinto che mi avesse usato come ‘commuoglio’ (coperchio) delle sue marchette. Niente più Venezia, dunque. O, quanto meno, niente Venezia con lei perché i biglietti le prenotazioni e gli anticipi erano cosa fatta.
II
Prima dell’estate avevo conosciuto M.L.D., una ragazza carina, discreta, fine. Viveva a Sorrento, faceva giurisprudenza, ma spesso veniva in Facoltà a trovare un’amica. Una volta me la ritrovai alle esercitazioni scritte, seduta dietro di me. Le chiesi cosa diavolo ci facesse lì ma non seppe rispondere.
Erano ormai i primi di settembre, la partenza per Venezia si avvicinava, io ero nerissimo a causa di P. e non sapevo cosa fare. Mentre tornavo a casa fui colto da un raptus improvviso: avevo un gettone in tasca, vidi una cabina del telefono, chiamai M.L. e le chiesi di incontrarci. Subito le dissi di Venezia e proposi una vacanza con me. Le si illuminarono i grandi occhi, verdi e malinconici, ma ebbe qualche incertezza: doveva organizzarsi, capire come, chiedere in famiglia. Non diedi importanza: si vedeva che era molto borghese, che i genitori non erano di manica larga, che veniva da un ambiente tradizionale. Ma ero certo che ce l’avrebbe fatta e così fu.
Sul battello che porta a Murano, Burano e Torcello avevano venduto qualche biglietto oltre il dovuto. C’erano persone in piedi e tra questi un signore molto distinto: il professore di Viterbo di cui sopra. ‘Prego si accomodi’, ‘Grazie, mi spiace disturbare’ ,’Non si preoccupi’, ‘Che bella coppia giovane !’, ‘Ah..Napoli….Napoli….la nostra vera capitale culturale….’. Insomma, cortesie, convenevoli e buona conversazione. Il distinto signore era colto e brillante, ogni settembre faceva una vacanza a Venezia e tornava a Torcello, alla Chiesa di Santa Fosca. Lo vedevo armeggiare di continuo con una magnifica Rolleiflex. Scattò molte foto e volle farne anche a noi. Ce le avrebbe mandate e le avrebbe tenute per ricordo della giornata. Fotografò M.L. da sola, noi due insieme, me da solo. Continuò a scattare anche tornati a Venezia, a Piazza San Marco: di profilo e di fronte, dall’alto e dal basso. Ero contento di aver ceduto il posto a quel signore così raffinato e affabile e non vedevo l’ora di raccontare l’incontro a mia madre e a Italo.
M.L. ed io eravamo quasi degli sconosciuti, ma le cose tra noi si misero subito bene, in tutti i sensi. Appena smetteva i suoi eleganti panni da ragazza di buona famiglia, l’aspetto e la personalità cambiavano radicalmente e si rivelava una femminilità matura e accesa. L’abituale tono delicato e formale diveniva profondo e forte. M.L. era sorpresa della vacanza e a tratti entusiasta, però era inquieta. Al mattino presto scendeva nella hall a telefonare e lo stesso accadeva a tarda sera. La sua borsa pesava un quintale perché sempre piena di gettoni. Telefonava ogni volta che poteva. Fin dal primo giorno capii che quando non la trovavo dovevo cercarla in una cabina telefonica.
Erano circa le 8 del 12 settembre 1973. La telefonata mattutina di M.L. fu molto concitata perché tornò in camera con gli occhi rossi di lacrime. Mi disse che doveva anticipare il ritorno, ma non volle spiegarmi perché. Uscimmo dall’albergo poco dopo. Di pessimo umore entrambi: lei aveva i guai che ballavano la quadriglia nella sua testa, io avevo il forte sospetto di aver pescato un altro jolly. Ci informammo sul cambio del biglietto aereo, ma non c’erano posti. Andammo in stazione, a Santa Lucia, e prenotammo il ritorno in treno solo per lei. Io sarei rimasto a Venezia e tornato in aereo come da programma. Erano ormai le 11 e ci dirigemmo alle Gallerie dell’Accademia. Volevo vedere i Tiepolo, i Giorgione, i Tiziano, i Tintoretto e tutta la grazia di dio che è lì raccolta. Appena si attraversa il ponte, ancora adesso sulla destra c’è un’edicola. Quel giorno la prima pagina de L’Unità, a grandi caratteri, dava la notizia dell’assassinio di Salvador Allende, del bombardamento del palazzo della Moneda, del colpo di stato in Cile. Fu una terribile e definitiva mazzata sul mio umore, sulla vacanza, sullo stato dei rapporti con M.L. che proprio un attimo prima si era fatta coraggio e stava, finalmente, accennando a qualche spiegazione sul pianto, sui nervi e sul rientro precipitoso. Però lo sgomento per ciò che avveniva in Cile mi aveva gettato in uno stato di angoscia e mi aveva tolto ogni voglia di ascoltare e di capire.
Nuovi smarrimenti, confessioni e pentimenti ? N’ata vota ? Ma figuriamoci….….
Quel giorno soltanto l’Accademia e la sua grande raccolta di pittura veneziana ebbero per me un significato e un’utilità. E dopo qualche ora mi restituirono la quiete.
P.M. si laureò brillantemente. Diede una festa e mi invitò ma non ci andai. Dopo un paio di anni P. conobbe Jordi, un architetto di Barcellona. Lì si trasferì, si sposò ed ebbe due maschi.
L’ho rivista a Napoli dopo molto tempo, casualmente, all’ingresso di un bar del centro. Ci siamo riconosciuti subito ed entrambi abbiamo dato un urlo. Era ancora più bella. Mi disse di essere felice, che a Barcellona si era subito organizzata bene ed io non ebbi ragione di dubitarne.
Quando M.L.D. venne a Venezia era già fidanzata ‘in casa’, ma si era dimenticata di farmi presente questo piccolo dettaglio. Al ragazzo e in famiglia, invece, aveva raccontato che andava in vacanza con la sua amica del cuore. Ma il ragazzo per questo si era contrariato, si era insospettito, aveva verificato che l’amica se ne stava tranquillamente a Napoli, l’aveva detto ai genitori e aveva scatenato l’inferno. Tuttavia, nonostante la gravità dell’affronto, il ragazzo perdonò e dopo poco il matrimonio ci fu per la gioia di tutti e l’imbarazzo di nessuno. M.L. era ricchissima e oggi lo è ancora di più. Ha due figlie femmine, da molti anni vive e lavora a Napoli, ogni tanto la incontro a ricevimenti di amici comuni. Sempre avvolta in preziosi abiti colorati e mai un capello fuori posto, è la prova che una buona chirurgia estetica è possibile, che anche i grandi sarti servono a qualcosa e che i soldi per i parrucchieri possono essere ben spesi. L’ultima volta le ho fatto i complimenti e ho guardato nella scollatura cercando il segreto di quelle perfette e levigatissime rotondità. Ha sorriso a lungo, lievemente. Gli occhi erano sempre grandi, verdi e malinconici.
Il professore di Viterbo mandò effettivamente un pacco di fotografie, ma c’erano solo le mie accompagnate da una lettera in cui parlava delle nostre affinità spirituali e dichiarava di essersi invaghito di me. Non ho mai saputo se le foto a M.L. le aveva scattate e non le aveva spedite o se aveva fatto solo finta di scattarle. La lettera non la trovo più e mi dispiace. Nel tempo, ho sparso in giro le fotografie. Una qui una là secondo le evenienze. Oggi me ne resta solo una.
L’assassinio di Allende e la dittatura di Pinochet furono eventi che incisero sugli equilibri internazionali e sul movimento comunista. Cadde l’ultima speranza, nel latino-america e nel mondo, di una via al comunismo attraverso la democrazia. Ricordo bene che quella mattina davanti alle Gallerie dell’Accademia ebbi la percezione immediata non solo del fatto in sé –già tragico e doloroso- ma delle implicazioni per interi popoli e per milioni di individui come me. Tutto quello che è avvenuto dopo –dalla dittatura militare in Argentina fino all’omicidio di Moro in Italia- ha confermato quella percezione. Unica consolazione fu che –grazie alle persecuzioni, agli esili e alle fughe dal Cile- negli anni che seguirono andai tre volte ai concerti degli Inti Illimani.
Il sottoscritto rimase da solo a Venezia per altri due giorni. ‘Beata solitudo, sola beatitudo’ non fu mai così vero. Negli anni successivi il sottoscritto considerò quella vacanza –compresi il prima, il durante e il dopo- come il suo vero debutto in società. Fu la sua discesa nell’arena dove si svolge il combattimento tra ciò che siamo e ciò che vogliamo. Un combattimento eterno con molto sangue e nessun vincitore.
@DB: Non posso che unirmi al coro di amici ed amiche: anche stavolta, i tuoi spaccati di vita così coinvolgenti hanno fatto sì che mi tuffassi nelle tue parole rimanendo in apnea dall’inizio alla fine!
Come ha sottolineato PNV, molto bello il richiamo ai fatti di cronaca di quell’epoca, solo tu ci riesci così bene! Mi fa piacere che tu abbia menzionato gli Inti Illimani, li conobbi personalmente proprio qui in Italia da piccola, quasi 40 anni fa, e conservo ancora il ricordo di una bellissima giornata trascorsa insieme a loro e ad altri amici cileni comuni, e culminata con un loro intenso concerto.
La bellezza dei tuoi racconti, caro DB, è la capacità che hanno di trasportare il lettore dentro la storia. Infatti, ho vissuto assieme a te la Venezia di quegli anni, ho visto le tue ragazze, ho calpestato il pavé passeggiando al tuo fianco udendo l’eco di tacchi delle mia scarpe riflesso dalle piccole calli, ho sentito le urla dei gondolieri…
PS: dimenticavo, ti ho anche ceduto il posto sull’autobus. Perdonami! 😉
g.
Il racconto è come al solito interessantissimo.
Bello anche il mix fra storia privata e Storia pubblica.
DB, se può consolarti, è probabile che anche per P.M. e M.L.D.
sia giunto il momento della cessione del posto, in loro favore,
su un mezzo pubblico (ma forse, vista la loro posizione sociale,
non ne corrono il rischio, preferendo al bus, carrozze… ops…
macchine di grossa cilindrata, corredate d’autista e Ferrero Rocher :-)).
Almeno M.L.D. è in perfetto stato di conservazione (spero altrettanto di P.M. che non vedo da anni) e, in ogni caso, gira davvero con l’autista.
Ma quella di Ferrero Rocher è la stessa che diceva “Ho un certo languore” ? Se è così, hai indovinato in pieno perché mi sa che a M.L. il languore non l’ha mai abbandonata.
Per ciò che riguarda il pubblico e il privato, devo dire che erano veramente altri tempi. Senza mitizzare perché erano anni difficii -terribili per certi versi- ma non ero di certo il solo ad avere un atteggiamento estroverso, per dir così, in rapporto dinamico con la realtà per quanto lontana e molto più grande. Intendo dire che le vicende della vita pubblica, l’impegno intellettuale e politico, la passione civile, facilmente intersecavano le vicende private e le condizionavano. Tanto per rimanere ai ricordi: P.M. era una militante del PCI. Io, per una serie di ragioni di opportunità non militavo, ma ero in contatto con alcuni dirigenti suoi amici e per questa via l’ho conosciuta ed ho avuto il modo di frequentarla.
@DB: Concordo con Filippa, PNV e Giu, che ha tanta ragione: ci trasporti dentro la storia in un modo… non so nemmeno come dirlo!, insomma ci lasci con la voglia di leggere ancora…
Vorrei anche dirti che ho avuto modo di provare il tuo profumo “Roma Uomo” ed è stato molto gradito. 😉 Un abbraccio dalla Spagna
Cara Laura,
grazie innanzitutto per il test di ‘Roma’. Lo sto alternando a quello mio estivo di sempre: ‘Eau Sauvage’, un classico che sicuramente conosci.
Ringrazio molto te e gli altri Amici dei complimenti per il racconto di un mio ricordo.
L’episodio dell’autobus dello scorso venerdì ha avviato il gioco della memoria a me consueto. Poi il post di Filippa (vintage, vecchie foto, innocenza perduta etc.etc. ) ha fatto il resto.
Però non vorrei che si pensasse a stati d’animo perdutamente nostalgici e retrospettivi. Tutt’altro. Ricordo bene quella vacanza a Venezia perché fu, in un certo senso, il mio ballo delle debuttanti, fu la scoperta della complessità e dell’ambiguità, fu salire sulla giostra degli incontri e degli scontri. Adesso che ne sono sceso mi diverto ad osservare ciò che accade sulla giostra e ricordare ciò che mi è accaduto. Sempre in un certo senso, è come ritrovare l’innocenza.
Di sicuro il passare degli anni non mi immalinconisce, anche perché, come sappiamo, la vita dà e la vita toglie e si può ancora confidare in qualche piccola soddisfazine. Tanto per essere chiaro: io non mi lamento affatto. A riprova, ti racconto una cosetta curiosa.
Quando sono a Roma vado a prendere caffè e cornetto sempre nello stesso bar-pasticceria. Al banco ci sono quattro o cinque ragazze. Due sono di Roma e le altre sono slave. Poco trucco, niente tatuaggi, assoluta semplicità. Con i grembiuli e i cappellini sembrano le novizie di un convento. Sono gentili, sorridenti e molto formali. Anche se le vedo da anni non siamo mai andati oltre il ‘buongiorno, grazie, prego…’.
Qualche settimana fa, sono entrato nel bar per fare colazione e mi sono avvicinato al banco. Aveva appena finito di prendere il caffè un signore che ho incontrato altre volte e credo abiti da quelle parti. E’ un attore piuttosto noto di cui non faccio il nome. Ha i suoi anni ma è un bell’uomo, decisamente. Mi sembra che in passato facesse film polizieschi e western, oggi fa le fiction in TV. Lui è andato via e io ho chiesto caffè e cornetto. Ho notato subito che le ragazze non avevano il solito tono riservato e professionale. Ridacchiavano, si davano di gomito, si dicevano cose che non capivo. Le osservavo e visto che non la smettevano ho chiesto” Come mai stamattina che siete così effervescenti ?”. Si sono azzittite e poi la più giovane –occhiali sul naso e lentiggini- a bassa voce ha detto “Stamo a fa’ e’ preferenze”.
Le ragazze del bar-pasticceria mi erano già simpatiche. Oggi lo sono di più.
Che bella la tua breve, ma altrettanto intensa introduzione, tanto intensa da farmi immaginare passo per passo la tua emozione/timidezza/genuinità (che ad oggi tale è rimasta) e l’entusiasmo dolce delle persone che ti stavano crescendo ed ammirando in questo che è diventato uno dei tuoi percorsi importanti.
L’immagine anche se “vintage” è recentissima, sei sempre bella, fresca e genuina come quello scatto !!!
Questo post mi ha intenerita, soprattutto per il modo in cui hai riportato alla luce quei ricordi. Mi associo a quanto scritto da chi mi precede, non hai sicuramente perso quello sguardo pulito ed innocente che tanto ti contraddistingue, oggi sei la stessa giovane donna di allora con più maturità e consapevolezza! Come ha detto Laura, la tua essenza non ha subito mutamenti! 🙂
E a proposito di cimeli… proprio qualche giorno fa, a casa di mia madre, ero intenta a fare un po’ di pulizia tra le mie vecchie riviste e… sfoglia sfoglia, indovina un po’ chi ti trovo in un numero di “Moda” del 1994?! Braaava! Una Fili in versione piuttosto vamp e sexy – ma anche allora in maniera raffinata -, con dei lunghissimi capelli biondISSIMI (il servizio era dedicato alle modelle straniere protagoniste degli spot italiani di successo).
E, guarda i casi della vita, nelle pagine successive c’era anche Barbara Snellenburg… Vedi? Amiche ‘di pagina’ ancora prima di diventarlo nella vita! Perché, come diciamo sempre, nulla è mai lasciato al caso… 🙂
Ahhh, sei proprio una Sherlock perfetta! Forse me lo ricordo, avevo un abito color oro/marrone di seta lungo, per caso? Mamma mia, nel 1994? ssshhhhh, non dirlo in giro…hahah
baci
f
Risposta ESATTAAA! 🙂 Era un abito sottoveste di Trussardi, mentre nell’altra foto indossavi un abito corto di Paola Frani con orlo asimmetrico nero con delle righine oblique bianche… La rivista l’ho buttata, ma le due pagine le ho portate con me e le conservo gelosamente… chettelodicoaffa’?! 😉
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Laura C
Sei sempre tu, la tua essenza già si respira da quella tua prima foto.
Anche se nella tua carriera hai fatto anche scatti più intriganti, questa è la tua essenza. Ci piace.
Un abbraccio.
naty
L’inizio di una parentesi della vita ,che ti ha fatto esternare le tue capacità,
è stata molto carina la tua nonna nello scegliere la prima foto ,significativa
e importante, naturalmente bellissima ,con il velo di timidezza.
C iao fili,buona serata ,per te tutte/i,naty
Ps.Lety dove sé Chi l’ha vista?Ciao,baci.
giu
E’ bello, qualche volta, voltarsi indietro ed osservare la propria storia.
Spesso sono immagini sbiadite, che la memoria non riporta alla luce proprio come erano
(lo sapevate che la memoria a lungo termine può creare dei ricordi inesistenti?) e allora le vecchie foto vengono in aiuto, rinfrescando, per così dire, le tinte del tempo.
Nel tuo caso, cara Fili, anche per me, che non c’ero, è possibile osservare le emozioni di un tempo trasparire dal tuo volto, timidezza e speranza, qualche paura ma desiderio di mostrare spavalderia.
Chissà quanti anni avevi, di certo eri arrivata lì in bicicletta (beh, questa era facile da indovinare) e ne avevi parlato a tutte le amiche.
Mi spiace sapere che la foto non sia rimasta sino ad oggi sopra il divano, ma mi conforta vedere che l’hai conservata.
Ma… allora le svedesi hanno sentimenti? Non sono tutto ghiaccio e razionalità? Mmmm, dovrò rivedere le mie convinzioni… ;-P
En vandring på tusen mil börjar alltid med ett steg.
Con affetto, g.
Filippa
Avevo 15 anni e sono arrivata con l’autobus. [la tessera dei mezzi pubblici viene fornita dalla scuola/stato a tutti gli studenti]
Non ne avevo parlato a nessuno, perché nessuno credeva che io potessi veramente lavorare nel mondo della moda [classica storia della ragazza alta e un po’ goffa, non tra “le popolari”].
Sopra il divano la foto non poteva restare perché il divano, il salottino, ma soprattutto l’amata nonnina non c’era più.
Eh, sì, anche le svedesi hanno un cuore. Razionale e di ghiaccio, ma c’è.
🙂
giu
Vabbè, ho capito, non ne ho azzeccata una. Vorrà dire che da grande non potrò fare il chiromante (la sfera di cristallo l’ho già buttata, mi sa che era taroccata).
Magari farò… farò… ma sì, il fotografo! Sai, potrei avere la fortuna di incontrare una ragazza alta e un po’ goffa (di solito sono le migliori, ma non dirlo in giro, è un segreto!).
🙂
PuroNanoVergine
Filippa,
a me sembra che l’innocenza tu non l’abbia perduta.
Forse hai perduto un filo di timidezza (o magari, per poterla conciliare con un lavoro che ti espone al pubblico, l’hai solo nascosta in un cassetto).
Immagino l’orgoglio della nonna nel poter incorniciare il primo grande risultato della nipotina (è bello che con la foto riaffiori anche il suo ricordo).
Filippa
La timidezza c’è sempre, ma ad un certo punto [tardi e mi ricordo perfettamente quando]si è trasformato in qualcosa di diverso, della voglia comunque di esternare e di non tenere tutto dentro.
Come un clown che intrattiene il pubblico ma che nel privato rimane riservato e serio.
La nonna è sempre con me, ogni tanto viene a trovarmi.
f.
Claudia Oliveri
Lo sguardo é lo stesso ..curioso, gentile e “pensante” …. Lì eri all’inizio di una avventura incredibile che strada facendo ha formato la tua vita attuale …sicuramente hai ancora tanto da “creare” da dire e da raccontare sempre con quello sguardo
Ot qui S. Ti assomiglia in maniera incredibile
Have e Good 1DDay !
Filippa
Grazie!!!
1D…sotto la pioggia NOOOOOO!
f.
Claudia Oliveri
Davvero le Directioners non si meritano questo meteo ….ma credo che loro vedano il sole in cielo dall’emozione…ieri ne ho incontrate tantissime in giro ….bagnate fradice ma emanavano una luce solare incredibile
Filippa
“Mamma, non ci fermerà niente e nessuno stasera!!!”
[figurati, tra lacrime e pioggia, non si sente la differenza…]
Mi preparo mentalmente…
🙂
Laura C
E’ vero, il concerto!! Ostrica spero la pioggia vi dia tregua…
Ci vai solo tu con Stella o si è aggiunto anche Mr. D?
Oh buona serata, tienici aggiornate!! Un beso Stella!
Giovanna (Gio)
bella come sempre! che bel ricordo =)
DB
I
Prima o poi il momento doveva arrivare ed è arrivato. Venerdì mattina, a Napoli, ho preso il solito autobus e una donna giovane, appena mi ha visto, mi ha ceduto il posto. “Venit’acca’, assettateve !”. Ho ringraziato e mi sono seduto. Molte volte avevo pensato a quando sarebbe arrivato il momento e mi immaginavo di provare un disagio, una malinconia. Però, alla prova dei fatti, non ho avvertito alcuna emozione. Invece, ho pensato a quante infinite volte sono stato io a cedere il posto e mi sono chiesto se ne sarò ancora capace, ora che sono socio del club degli anziani e dei malfermi sui mezzi pubblici.
Tra la fitta selva di ricordi legati a quel gesto, si è fatto largo un anziano professore di latino e greco di Viterbo. Moltissimi anni fa a Venezia, sul battello turistico che fa il giro di Burano,Murano e Torcello, gli cedetti il posto per un’intera mattinata.
Ero poco più che ventenne e da diversi mesi avevo una relazione con una studentessa dell’ultimo anno di architettura che stava preparando la tesi in storia dell’arte. Si chiamava P.M., era molto femminile, sicura e sexy. Poiché la tesi includeva elementi di arte bizantina immaginavamo viaggi a Venezia, a Ravenna e anche a Palermo per vedere i prodigiosi mosaici del Duomo di Monreale. In quel periodo non avevo un centesimo perché, studente pure io, insieme all’amico Italo, vivevo la mia bohème in un appartamentino sui tetti del centro storico di Napoli. Quella volta, però, i quattrini per una vacanza a Venezia dovevano spuntare fuori. Iniziai a risparmiare su tutto e credo che sarei morto di fame se non fosse stato per la generosità di Italo e per i pranzi domenicali di mia madre. In cinque o sei mesi di puro ascetismo riuscii a mettere insieme i soldi per l’aereo, la pensione e tutto il resto. Fissai date e prenotazioni: cinque giorni a Venezia, intorno alla metà di settembre.
Era fine agosto quando scoprii –non dirò come, ma fu effetto del caso- che P. frequentava da tempo un uomo molto più grande, sposato, architetto di grido in città. Prima di questa storia P. ne aveva avuta un’altra con un docente di Architettura, coniugato con prole pure lui, e i rapporti non si erano mai interrotti del tutto. Davanti a me si era aperto lo scenario del ménage à trois o addirittura à quatre. P. mi aveva aggiunto a questo scenario nella parte del ragazzo giovane, quello con il quale si va alle feste, a teatro, ai concerti e ci si fa vedere in giro. Sapevo che quella era una ragazza diversa dal solito, navigata e misteriosa, ma non m’aspettavo che fosse tanto opportunista. L’architetto di grido già le affidava qualche lavoretto e l’avrebbe presa a bottega appena laureata. Il docente l’aveva molto aiutata negli studi e l’aiutava ancora. Fu lei stessa, vedendosi costretta, a raccontarmi di queste sue liaison. Me le raccontò per sommi capi e a modo suo, naturalmente. Ci rimasi male ma non lo diedi a vedere: allora era assai di moda il dégagé. In realtà, per anni ho provato amarezza perché convinto che mi avesse usato come ‘commuoglio’ (coperchio) delle sue marchette. Niente più Venezia, dunque. O, quanto meno, niente Venezia con lei perché i biglietti le prenotazioni e gli anticipi erano cosa fatta.
DB
II
Prima dell’estate avevo conosciuto M.L.D., una ragazza carina, discreta, fine. Viveva a Sorrento, faceva giurisprudenza, ma spesso veniva in Facoltà a trovare un’amica. Una volta me la ritrovai alle esercitazioni scritte, seduta dietro di me. Le chiesi cosa diavolo ci facesse lì ma non seppe rispondere.
Erano ormai i primi di settembre, la partenza per Venezia si avvicinava, io ero nerissimo a causa di P. e non sapevo cosa fare. Mentre tornavo a casa fui colto da un raptus improvviso: avevo un gettone in tasca, vidi una cabina del telefono, chiamai M.L. e le chiesi di incontrarci. Subito le dissi di Venezia e proposi una vacanza con me. Le si illuminarono i grandi occhi, verdi e malinconici, ma ebbe qualche incertezza: doveva organizzarsi, capire come, chiedere in famiglia. Non diedi importanza: si vedeva che era molto borghese, che i genitori non erano di manica larga, che veniva da un ambiente tradizionale. Ma ero certo che ce l’avrebbe fatta e così fu.
Sul battello che porta a Murano, Burano e Torcello avevano venduto qualche biglietto oltre il dovuto. C’erano persone in piedi e tra questi un signore molto distinto: il professore di Viterbo di cui sopra. ‘Prego si accomodi’, ‘Grazie, mi spiace disturbare’ ,’Non si preoccupi’, ‘Che bella coppia giovane !’, ‘Ah..Napoli….Napoli….la nostra vera capitale culturale….’. Insomma, cortesie, convenevoli e buona conversazione. Il distinto signore era colto e brillante, ogni settembre faceva una vacanza a Venezia e tornava a Torcello, alla Chiesa di Santa Fosca. Lo vedevo armeggiare di continuo con una magnifica Rolleiflex. Scattò molte foto e volle farne anche a noi. Ce le avrebbe mandate e le avrebbe tenute per ricordo della giornata. Fotografò M.L. da sola, noi due insieme, me da solo. Continuò a scattare anche tornati a Venezia, a Piazza San Marco: di profilo e di fronte, dall’alto e dal basso. Ero contento di aver ceduto il posto a quel signore così raffinato e affabile e non vedevo l’ora di raccontare l’incontro a mia madre e a Italo.
M.L. ed io eravamo quasi degli sconosciuti, ma le cose tra noi si misero subito bene, in tutti i sensi. Appena smetteva i suoi eleganti panni da ragazza di buona famiglia, l’aspetto e la personalità cambiavano radicalmente e si rivelava una femminilità matura e accesa. L’abituale tono delicato e formale diveniva profondo e forte. M.L. era sorpresa della vacanza e a tratti entusiasta, però era inquieta. Al mattino presto scendeva nella hall a telefonare e lo stesso accadeva a tarda sera. La sua borsa pesava un quintale perché sempre piena di gettoni. Telefonava ogni volta che poteva. Fin dal primo giorno capii che quando non la trovavo dovevo cercarla in una cabina telefonica.
Erano circa le 8 del 12 settembre 1973. La telefonata mattutina di M.L. fu molto concitata perché tornò in camera con gli occhi rossi di lacrime. Mi disse che doveva anticipare il ritorno, ma non volle spiegarmi perché. Uscimmo dall’albergo poco dopo. Di pessimo umore entrambi: lei aveva i guai che ballavano la quadriglia nella sua testa, io avevo il forte sospetto di aver pescato un altro jolly. Ci informammo sul cambio del biglietto aereo, ma non c’erano posti. Andammo in stazione, a Santa Lucia, e prenotammo il ritorno in treno solo per lei. Io sarei rimasto a Venezia e tornato in aereo come da programma. Erano ormai le 11 e ci dirigemmo alle Gallerie dell’Accademia. Volevo vedere i Tiepolo, i Giorgione, i Tiziano, i Tintoretto e tutta la grazia di dio che è lì raccolta. Appena si attraversa il ponte, ancora adesso sulla destra c’è un’edicola. Quel giorno la prima pagina de L’Unità, a grandi caratteri, dava la notizia dell’assassinio di Salvador Allende, del bombardamento del palazzo della Moneda, del colpo di stato in Cile. Fu una terribile e definitiva mazzata sul mio umore, sulla vacanza, sullo stato dei rapporti con M.L. che proprio un attimo prima si era fatta coraggio e stava, finalmente, accennando a qualche spiegazione sul pianto, sui nervi e sul rientro precipitoso. Però lo sgomento per ciò che avveniva in Cile mi aveva gettato in uno stato di angoscia e mi aveva tolto ogni voglia di ascoltare e di capire.
Nuovi smarrimenti, confessioni e pentimenti ? N’ata vota ? Ma figuriamoci….….
Quel giorno soltanto l’Accademia e la sua grande raccolta di pittura veneziana ebbero per me un significato e un’utilità. E dopo qualche ora mi restituirono la quiete.
DB
Epilogo.
P.M. si laureò brillantemente. Diede una festa e mi invitò ma non ci andai. Dopo un paio di anni P. conobbe Jordi, un architetto di Barcellona. Lì si trasferì, si sposò ed ebbe due maschi.
L’ho rivista a Napoli dopo molto tempo, casualmente, all’ingresso di un bar del centro. Ci siamo riconosciuti subito ed entrambi abbiamo dato un urlo. Era ancora più bella. Mi disse di essere felice, che a Barcellona si era subito organizzata bene ed io non ebbi ragione di dubitarne.
Quando M.L.D. venne a Venezia era già fidanzata ‘in casa’, ma si era dimenticata di farmi presente questo piccolo dettaglio. Al ragazzo e in famiglia, invece, aveva raccontato che andava in vacanza con la sua amica del cuore. Ma il ragazzo per questo si era contrariato, si era insospettito, aveva verificato che l’amica se ne stava tranquillamente a Napoli, l’aveva detto ai genitori e aveva scatenato l’inferno. Tuttavia, nonostante la gravità dell’affronto, il ragazzo perdonò e dopo poco il matrimonio ci fu per la gioia di tutti e l’imbarazzo di nessuno. M.L. era ricchissima e oggi lo è ancora di più. Ha due figlie femmine, da molti anni vive e lavora a Napoli, ogni tanto la incontro a ricevimenti di amici comuni. Sempre avvolta in preziosi abiti colorati e mai un capello fuori posto, è la prova che una buona chirurgia estetica è possibile, che anche i grandi sarti servono a qualcosa e che i soldi per i parrucchieri possono essere ben spesi. L’ultima volta le ho fatto i complimenti e ho guardato nella scollatura cercando il segreto di quelle perfette e levigatissime rotondità. Ha sorriso a lungo, lievemente. Gli occhi erano sempre grandi, verdi e malinconici.
Il professore di Viterbo mandò effettivamente un pacco di fotografie, ma c’erano solo le mie accompagnate da una lettera in cui parlava delle nostre affinità spirituali e dichiarava di essersi invaghito di me. Non ho mai saputo se le foto a M.L. le aveva scattate e non le aveva spedite o se aveva fatto solo finta di scattarle. La lettera non la trovo più e mi dispiace. Nel tempo, ho sparso in giro le fotografie. Una qui una là secondo le evenienze. Oggi me ne resta solo una.
L’assassinio di Allende e la dittatura di Pinochet furono eventi che incisero sugli equilibri internazionali e sul movimento comunista. Cadde l’ultima speranza, nel latino-america e nel mondo, di una via al comunismo attraverso la democrazia. Ricordo bene che quella mattina davanti alle Gallerie dell’Accademia ebbi la percezione immediata non solo del fatto in sé –già tragico e doloroso- ma delle implicazioni per interi popoli e per milioni di individui come me. Tutto quello che è avvenuto dopo –dalla dittatura militare in Argentina fino all’omicidio di Moro in Italia- ha confermato quella percezione. Unica consolazione fu che –grazie alle persecuzioni, agli esili e alle fughe dal Cile- negli anni che seguirono andai tre volte ai concerti degli Inti Illimani.
Il sottoscritto rimase da solo a Venezia per altri due giorni. ‘Beata solitudo, sola beatitudo’ non fu mai così vero. Negli anni successivi il sottoscritto considerò quella vacanza –compresi il prima, il durante e il dopo- come il suo vero debutto in società. Fu la sua discesa nell’arena dove si svolge il combattimento tra ciò che siamo e ciò che vogliamo. Un combattimento eterno con molto sangue e nessun vincitore.
DB
Filippa
grazie DB, bellissimo racconto, l’ho letto con tanto piacere!!!
f.
Letizia
@DB: Non posso che unirmi al coro di amici ed amiche: anche stavolta, i tuoi spaccati di vita così coinvolgenti hanno fatto sì che mi tuffassi nelle tue parole rimanendo in apnea dall’inizio alla fine!
Come ha sottolineato PNV, molto bello il richiamo ai fatti di cronaca di quell’epoca, solo tu ci riesci così bene! Mi fa piacere che tu abbia menzionato gli Inti Illimani, li conobbi personalmente proprio qui in Italia da piccola, quasi 40 anni fa, e conservo ancora il ricordo di una bellissima giornata trascorsa insieme a loro e ad altri amici cileni comuni, e culminata con un loro intenso concerto.
giu
La bellezza dei tuoi racconti, caro DB, è la capacità che hanno di trasportare il lettore dentro la storia. Infatti, ho vissuto assieme a te la Venezia di quegli anni, ho visto le tue ragazze, ho calpestato il pavé passeggiando al tuo fianco udendo l’eco di tacchi delle mia scarpe riflesso dalle piccole calli, ho sentito le urla dei gondolieri…
PS: dimenticavo, ti ho anche ceduto il posto sull’autobus. Perdonami! 😉
g.
PuroNanoVergine
Il racconto è come al solito interessantissimo.
Bello anche il mix fra storia privata e Storia pubblica.
DB, se può consolarti, è probabile che anche per P.M. e M.L.D.
sia giunto il momento della cessione del posto, in loro favore,
su un mezzo pubblico (ma forse, vista la loro posizione sociale,
non ne corrono il rischio, preferendo al bus, carrozze… ops…
macchine di grossa cilindrata, corredate d’autista e Ferrero Rocher :-)).
DB
Almeno M.L.D. è in perfetto stato di conservazione (spero altrettanto di P.M. che non vedo da anni) e, in ogni caso, gira davvero con l’autista.
Ma quella di Ferrero Rocher è la stessa che diceva “Ho un certo languore” ? Se è così, hai indovinato in pieno perché mi sa che a M.L. il languore non l’ha mai abbandonata.
Per ciò che riguarda il pubblico e il privato, devo dire che erano veramente altri tempi. Senza mitizzare perché erano anni difficii -terribili per certi versi- ma non ero di certo il solo ad avere un atteggiamento estroverso, per dir così, in rapporto dinamico con la realtà per quanto lontana e molto più grande. Intendo dire che le vicende della vita pubblica, l’impegno intellettuale e politico, la passione civile, facilmente intersecavano le vicende private e le condizionavano. Tanto per rimanere ai ricordi: P.M. era una militante del PCI. Io, per una serie di ragioni di opportunità non militavo, ma ero in contatto con alcuni dirigenti suoi amici e per questa via l’ho conosciuta ed ho avuto il modo di frequentarla.
PuroNanoVergine
Esatto,
era quella del “certo languore”.
Ciao
Moreno
Laura C
@DB: Concordo con Filippa, PNV e Giu, che ha tanta ragione: ci trasporti dentro la storia in un modo… non so nemmeno come dirlo!, insomma ci lasci con la voglia di leggere ancora…
Vorrei anche dirti che ho avuto modo di provare il tuo profumo “Roma Uomo” ed è stato molto gradito. 😉 Un abbraccio dalla Spagna
DB
Cara Laura,
grazie innanzitutto per il test di ‘Roma’. Lo sto alternando a quello mio estivo di sempre: ‘Eau Sauvage’, un classico che sicuramente conosci.
Ringrazio molto te e gli altri Amici dei complimenti per il racconto di un mio ricordo.
L’episodio dell’autobus dello scorso venerdì ha avviato il gioco della memoria a me consueto. Poi il post di Filippa (vintage, vecchie foto, innocenza perduta etc.etc. ) ha fatto il resto.
Però non vorrei che si pensasse a stati d’animo perdutamente nostalgici e retrospettivi. Tutt’altro. Ricordo bene quella vacanza a Venezia perché fu, in un certo senso, il mio ballo delle debuttanti, fu la scoperta della complessità e dell’ambiguità, fu salire sulla giostra degli incontri e degli scontri. Adesso che ne sono sceso mi diverto ad osservare ciò che accade sulla giostra e ricordare ciò che mi è accaduto. Sempre in un certo senso, è come ritrovare l’innocenza.
Di sicuro il passare degli anni non mi immalinconisce, anche perché, come sappiamo, la vita dà e la vita toglie e si può ancora confidare in qualche piccola soddisfazine. Tanto per essere chiaro: io non mi lamento affatto. A riprova, ti racconto una cosetta curiosa.
Quando sono a Roma vado a prendere caffè e cornetto sempre nello stesso bar-pasticceria. Al banco ci sono quattro o cinque ragazze. Due sono di Roma e le altre sono slave. Poco trucco, niente tatuaggi, assoluta semplicità. Con i grembiuli e i cappellini sembrano le novizie di un convento. Sono gentili, sorridenti e molto formali. Anche se le vedo da anni non siamo mai andati oltre il ‘buongiorno, grazie, prego…’.
Qualche settimana fa, sono entrato nel bar per fare colazione e mi sono avvicinato al banco. Aveva appena finito di prendere il caffè un signore che ho incontrato altre volte e credo abiti da quelle parti. E’ un attore piuttosto noto di cui non faccio il nome. Ha i suoi anni ma è un bell’uomo, decisamente. Mi sembra che in passato facesse film polizieschi e western, oggi fa le fiction in TV. Lui è andato via e io ho chiesto caffè e cornetto. Ho notato subito che le ragazze non avevano il solito tono riservato e professionale. Ridacchiavano, si davano di gomito, si dicevano cose che non capivo. Le osservavo e visto che non la smettevano ho chiesto” Come mai stamattina che siete così effervescenti ?”. Si sono azzittite e poi la più giovane –occhiali sul naso e lentiggini- a bassa voce ha detto “Stamo a fa’ e’ preferenze”.
Le ragazze del bar-pasticceria mi erano già simpatiche. Oggi lo sono di più.
Un saluto cordialissimo !
P.S. Vedo che la Spagna è sempre di moda.
veraB'
Che bella la tua breve, ma altrettanto intensa introduzione, tanto intensa da farmi immaginare passo per passo la tua emozione/timidezza/genuinità (che ad oggi tale è rimasta) e l’entusiasmo dolce delle persone che ti stavano crescendo ed ammirando in questo che è diventato uno dei tuoi percorsi importanti.
L’immagine anche se “vintage” è recentissima, sei sempre bella, fresca e genuina come quello scatto !!!
Un abbraccio
veraB’
Letizia
Questo post mi ha intenerita, soprattutto per il modo in cui hai riportato alla luce quei ricordi. Mi associo a quanto scritto da chi mi precede, non hai sicuramente perso quello sguardo pulito ed innocente che tanto ti contraddistingue, oggi sei la stessa giovane donna di allora con più maturità e consapevolezza! Come ha detto Laura, la tua essenza non ha subito mutamenti! 🙂
E a proposito di cimeli… proprio qualche giorno fa, a casa di mia madre, ero intenta a fare un po’ di pulizia tra le mie vecchie riviste e… sfoglia sfoglia, indovina un po’ chi ti trovo in un numero di “Moda” del 1994?! Braaava! Una Fili in versione piuttosto vamp e sexy – ma anche allora in maniera raffinata -, con dei lunghissimi capelli biondISSIMI (il servizio era dedicato alle modelle straniere protagoniste degli spot italiani di successo).
E, guarda i casi della vita, nelle pagine successive c’era anche Barbara Snellenburg… Vedi? Amiche ‘di pagina’ ancora prima di diventarlo nella vita! Perché, come diciamo sempre, nulla è mai lasciato al caso… 🙂
Filippa
Ahhh, sei proprio una Sherlock perfetta! Forse me lo ricordo, avevo un abito color oro/marrone di seta lungo, per caso? Mamma mia, nel 1994? ssshhhhh, non dirlo in giro…hahah
baci
f
Letizia
Risposta ESATTAAA! 🙂 Era un abito sottoveste di Trussardi, mentre nell’altra foto indossavi un abito corto di Paola Frani con orlo asimmetrico nero con delle righine oblique bianche… La rivista l’ho buttata, ma le due pagine le ho portate con me e le conservo gelosamente… chettelodicoaffa’?! 😉
Filippa
Trrrrroppppo dolce!
smack!
f