to top

gucci&pucci

DSC_3808

Prima di saltare sulla bici per raggiungere la partenza di Bimbimbici (venite?) vi faccio vedere il look di ieri sera. Un vestito Gucci con delle scarpe particolari firmate Pucci. Oggi cosa mi metto, Fiorucci? 😉

DSC_3791DSC_3784 DSC_3796

  • DB

    Quando sono a Roma per andare da casa al centro prendo il 44 che porta a Piazza Venezia. L’orario è intorno alle 8 e trenta e spesso ho gli stessi compagni di viaggio. Tra questi c’è un ragazzo ventenne, alto, longilineo, con lunghi capelli biondi e volto affilato. Ha modi, gesti, voce, sguardi che lasciano pochi dubbi sulla sua identità sessuale. Una figura efebica che -con progressive aggiunte di trucco e ricercatezze dell’abbigliamento- va assumendo tratti sempre più femminili.
    Per un po’ di tempo non l’ho incontrato, ma la settimana scorsa l’ho rivisto e quasi non lo riconoscevo: si è fatto crescere la barba, bionda, naturalmente, e un po’ rada. La sorpresa è durata poco perché ho subito considerato che a tutto si può resistere meno che alle mode. Più di un centinaio di anni fa O.W. pensava che irresistibili fossero le tentazioni. Oggi di irresistibile c’è il soffio universale delle ‘tendenze’, la voce potente e profonda che di continuo sussurra ai quattro venti cosa gli uomini di tutto il pianeta debbano fare, pensare e desiderare. Non si sa da dove vengano quel soffio e quella voce e dove risieda il mistero della persuasione, ma il messaggio è semplice: fare, pensare e desiderare, le stesse cose nello stesso momento.
    La Voce adesso dice che per gli uomini va di moda la barba e tanto basta: tutti se la fanno crescere. Pure il ragazzo del 44 che per tutto il resto continua a tendere verso un modello femminile, ma solo per la barba rinuncia alla lotta al pelo superfluo e compie un’audace inversione a U. Per carità, non ho nulla contro la barba, l’ho portata anch’io, a suo tempo. Ricordo che iniziai per difficoltà nella rasatura -sotto il mento radermi era come indossare un cilicio- ma poi continuai perché barba e capelli lunghi scoprivano i fili dell’appartenenza culturale, ideologica e politica e mettevano in guardia chiunque volesse toccarli. Insomma, c’erano la barba, i capelli e un certo negligée nel vestire, ma c’era anche dell’altro o, almeno, facevo di tutto perché ci fosse. Oggi invece cosa ‘è sotto barbe, capelli e sopracciglia scolpiti, abiti ricercati piercing e tatuaggi ? C’è qualcosa che va oltre ? La mia amica C. che fa l’estetista -tratta molti corpi, registra intenzioni e richieste, vede molti tatuaggi- sostiene che oltre non c’è un bel niente. In particolare, circa i tatuaggi, sostiene che c’è una certa fantasia nel collocarli in angoli sempre più remoti del corpo, ma su ciò che dovrebbero significare -vita natural durante- c’è nebbia fitta, insomma “nun ce se capisce gnente…”. Alle sue considerazioni ho aggiunto che in passato i tatuaggi indicavano una condizione esistenziale estrema. Se li facevano i naviganti costretti a lunghe assenze da casa o i carcerati, vale a dire persone che la vita allontanava dagli affetti o privava del tutto. I segni erano, generalmente, cuori trafitti, donne e mamme. Spesso, a lenire il dolore delle ferite, era invocata l’effigie della mamma più misericordiosa di tutte, la Madonna. L’odierna insignificanza dei tatuaggi non deve essere intesa, però, come un limite intellettuale, ma piuttosto come un manifesto artistico, una sorta di inno all’art puor l’art: fare del proprio corpo la tela su cui lasciare i segni di un istinto figurativo, una parete per graffiti senza grammatiche, sintassi, significati e moventi di alcun tipo. Tuttavia, se fosse vera l’affermazione del corpo inteso come opera d’arte e per questo strenuamente manipolato e ricoperto di segni, resterebbe da stabilire se i casi più notevoli debbano essere fissati nel loro momento di massimo fulgore espressivo e quindi quei corpi artistici privati di vita, imbalsamati ed esposti nei musei a futura memoria, come arte figurativa dell’inizio del terzo millennio d.C.
    Dalla lettura dei giornali,questa mattina apprendo che un’importantissima gara canora internazionale è stata vinta da un travestito che si fa chiamare Conchita. Pare che la vittoria sia stata accolta dal tripudio generale. Il titolo della canzone allude alla Fenice che risorge dalle ceneri. Il travestito è austriaco, ma a giudicare dai tratti e dai colori si direbbe di origine latina o mediorientale. Infatti, occhi capelli e barba sono scuri. Sì, proprio la barba, come il ragazzo del 44 che scende a Piazza Venezia ed ha l’aria di fare il commesso in un elegante negozio del centro.
    Ancora una volta il soffio universale raggiunge tutti gli uomini in ogni angolo della Terra e compie un prodigio : la Fenice risorge o, come minimo, risorge la sua barba.

    Buona domenica a tutti!

    DB

    11 maggio 2014 at 13:28 Rispondi
      • DB

        E’ chiaro che dal ‘soffio universale’ non sono accarezzati -almeno in questo caso specifico- quelli che la barba la portano da anni. Del resto, la barba e i baffi sono tradizionali segni di virilità e ornamenti del volto maschile, larghissimamente diffusi in tutte le epoche e latitudini, fino ad inizio novecento, credo. Allora i volti maschili del tutto glabri erano rari.
        La domanda che mi faccio rimane: perché ‘bell’e bbuono’ si rivedono tante barbe in giro? E se ne adornano anche gli uomini che compiono ogni sforzo per assumere sembianze femminili ?

        Quanto alla gara canora, io non l’ho vista, ho visto le foto del giorno dopo. Ma non mi pongo il problema del merito della vittoria. Per me Conchita può essere anche una nuova Maria Callas o una nuova Ella Fitzgerald o Beniamino Gigli o Frank Sinatra, non importa.

        L’attuale regime russo è notoriamente omofobo come tutti i regimi e i movimenti politici autoritari e reazionari. Dio, patria, famiglia, il maschio, la femmina etc.etc. sono un tormento che da sempre accopagna l’umanità. L’altra sera, l’affermazione del travestitismo -con andata, ritorno e pausa di riflessone all’autogrill- ha determinato una reazione del tutto prevedibile da cui, per contrasto, non possiamo ricavare una cifra di valore e di significato.
        E poi, mi chiedo, dobbiamo affidare a grottesche manipolazioni del corpo i progressi della vita civile e del costume collettivo? E il trionfo planetario delle tendenze e delle mode -anche le più bizzarre- dev’essere inteso come trionfo della ‘liberta’ o come il suo contrario ?

        DB

        12 maggio 2014 at 10:34 Rispondi
  • Claudia Oliveri

    La vittoria di Conchita prima di tutto è stata una vittoria delle sue qualità canore …la sua voce la sua interpretazione erano di gran lunga superiori ai rappresentanti degli altri paesi (devo dirti Filippa per la cronaca che la cantante svedese era a pochi punti dalla vittoria)…il meccanismo delle votazioni dell’Eurofestival in realtà porta alla luce meccanismi di “vicinato” e di ” vicinanza culturale” oltre alle doti canori dei cantanti in gara …lei è andata oltre a queste regole e ha raccolto consensi da parte di tanti “Cittadini Europei” …spero che sia davvero un segnale per una visione del mondo libera da pregiudizi di ogni sorta …voglio essere positiva come ci insegni tu !

    11 maggio 2014 at 20:56 Rispondi
  • Letizia

    Concordo pienamente per quanto riguarda i tatuaggi (e aggiungo anche i piercing), e sono fiera di ‘uscire dal coro’. E’ vero, più di 20 anni fa, ad Amsterdam, stavo per cedere ma ringrazierò sempre quel rumore dell’ago in funzione che mi ha bloccata tanto da cambiare idea; non l’avrei fatto certo per seguire le mode del momento (non le seguo a prescindere), a parte il fatto che allora era ancora trasgressivo averlo, un tatuaggio, avevo scelto un piccolo disegno perché mi piaceva, ma se l’avessi fatto so che oggi me ne pentirei fortemente. Mi basta già vedere in giro degli obbrobri che più obbrobri non si può, molti dei quali sicuramente fatti per sentirsi fighi/e.

    E in quanto a Conchita Wurst, condivido le parole di Claudia: barba o non barba, ha stra-meritato la vittoria per le sue doti canore da paura e una presenza scenica pazzesca.
    Guarda caso la sua partecipazione ha fatto infuriare la Russia, che ha cercato anche di boicottarla, dichiarando persino “E’ la fine dell’Europa. Loro non hanno più uomini e donne, hanno “questo”” (beh, no comment, davvero…). Mi fa piacere che abbia vinto, anzi trionfato, perché questa vittoria è sicuramente un segnale importante di libertà e tolleranza. In BARBA a quello che pensa il popolo russo…

    12 maggio 2014 at 01:05 Rispondi
  • DB

    Su Repubblica di oggi c’è un bell’articolo di Massimo Recalcati* a riguardo del travestito barbuto, dei russi, delle tendenze e soprattutto della ‘libertà’. Ne consiglio la lettura. Giusto per non buttare giù senza fiatare tutto quello che passa il convento mediatico.

    DB

    *E’ un bravo psicanalista che insegna a Pavia (credo). Ultimamente scrive un po’ troppo, ma non è mai banale.

    13 maggio 2014 at 16:01 Rispondi
      • DB

        Addirittura tre volte ? Finirà come Crepet, lo psichiatra prêt-à-porter coi maglioni a girocollo onnipresente in TV.
        Scherzi a parte, sospettavo che ormai facesse parte della ‘compagnia di giro’* che occupa i principali media. Questo per uno studioso che voglia essere rigoroso e ‘scientifico’ non è mai un buon segno. Però continua a fare interventi interessanti sulle questioni di attualità.

        DB

        * Erano quelle compagnie stabili di teatro leggero che, una volta costituite, per anni e anni giravano tutte le piazze, dalla grandi città ai piccoli paesi.

        13 maggio 2014 at 17:40 Rispondi
  • sandali

    scarpe e vestito bellissimi..sei meravigliosa!

    16 aprile 2015 at 17:53 Rispondi

Leave a Comment